Riceviamo e..pubblichiamo con enorme piacere:
…Ecco la nostra cartella scolastica
Noi ragazzi della 2^B della scuola media “E. Terrana” di
Ardore, desideriamo presentarVi, docenti e genitori, la nostra
cartella scolastica realizzata partendo da un gioco linguistico:
“l’acrostico”.
I lavori sono stati realizzati durante le ore curriculari e di laboratorio inerenti al progetto abilità cognitive e linguistiche con la professoressa Antonietta Nastasi.
Noi “artisti in erba”, abbiamo voluto dare sfogo alla nostra creatività, realizzando su carta (fogli di quaderno, cartoncino, album, cartelloni…) dei lavori semplici ma, significativi per tutti noi. Lo spunto ci è stato dato dalle numerose attività che noi ragazzi abbiamo sviluppato, nel corso di tutto l’anno, durante le ore di lettere con la nostra prof. I temi sui quali abbiamo lavorato sono stati moltissimi ma,nella “nostra cartella” .
Ve ne proponiamo solo alcuni: solidarietà, accoglienza, blog, mafia, legalità, ambiente, salute, territorio, giochi linguistici... In ogni lavoro, abbiamo messo a frutto conoscenze e competenze, abbiamo espresso la nostra personalità e originalità nel vedere le cose e il mondo con occhi un po’ diversi da quella che è la realtà in cui viviamo.
I lavori sono stati realizzati durante le ore curriculari e di laboratorio inerenti al progetto abilità cognitive e linguistiche con la professoressa Antonietta Nastasi.
Noi “artisti in erba”, abbiamo voluto dare sfogo alla nostra creatività, realizzando su carta (fogli di quaderno, cartoncino, album, cartelloni…) dei lavori semplici ma, significativi per tutti noi. Lo spunto ci è stato dato dalle numerose attività che noi ragazzi abbiamo sviluppato, nel corso di tutto l’anno, durante le ore di lettere con la nostra prof. I temi sui quali abbiamo lavorato sono stati moltissimi ma,nella “nostra cartella” .
Ve ne proponiamo solo alcuni: solidarietà, accoglienza, blog, mafia, legalità, ambiente, salute, territorio, giochi linguistici... In ogni lavoro, abbiamo messo a frutto conoscenze e competenze, abbiamo espresso la nostra personalità e originalità nel vedere le cose e il mondo con occhi un po’ diversi da quella che è la realtà in cui viviamo.
E non è finita qui !
Nel
corso dell’a. s. 2016/2017, gli alunni delle classi II^B e II^C della Scuola
Media di Ardore, e delle classi I-II-III sez. A della Scuola Media di Natile,
coordinate dalle prof.sse Nastasi, Romeo e Nucara, hanno partecipato a numerose
iniziative, quali: progetti, concorsi letterari, mercatino della solidarietà, mostre…
L’obiettivo
di questo progetto, è stato quello di mettere in evidenza i numerosi “borghi” e “segni”, che la storia e i personaggi hanno lasciato nel nostro
territorio, rappresentandolo come pagine di un” libro antico” ma, al tempo
stesso “nuovo”: da leggere e da scoprire. Per la realizzazione dei lavori, sono
stati utilizzati principalmente le ore di approfondimento ed in particolare
quelle di lettere.
Parallelamente
al progetto sopra citato, gli studenti si sono cimentati in un’attività di
laboratorio linguistico, nel corso della quale hanno sperimentato: tecniche narrative e poetiche,
inventando storie, componendo poesie, e giochi
linguistici, creando: crucintarsi, acrostici, scarti e zeppe…,realizzando,
poi, in gruppo, in coppia e singolarmente, dei prodotti su carta.
Le
iniziative intraprese, hanno accresciuto le loro conoscenze e competenze, la
loro voglia di imparare anche giocando, facendogli scoprire così un mondo
nuovo, fatto di parole e segni che, combinati fra loro anche in “modo
disordinato”, hanno dato vita a dei capolavori all’interno dei quali, ognuno di
essi, ha messo parte della propria personalità e fantasia.
I
lavori realizzati, sono stati condivisi col mondo esterno attraverso la
piattaforma “Terrana social”, creando un canale di comunicazione nuovo, in cui
la scuola, la famiglia ed il territorio, possono incontrarsi, per contribuire pienamente ed in
modo adeguato, alla formazione, didattica ed umana, dell’alunno.
Le docenti
Romeo
G., Nastasi A., Nucara G.
Ecco qui di seguito i lavori di Ardore ( i lavori di Natile sono in un altro post a parte intitolato "Vivere la scuola")
LEGGENDA SULL’ORIGINE DI ARDORE
Moltissimo
tempo fa, sulle colline alle pendici del monte Tre Pizzi, sorgeva un ridente
paesino dal nome Odore, perché i prati intorno erano profumati da una vasta
varietà di fiori; accanto vi era un laghetto che portava lo stesso nome.
Il
monte Tre Pizzi era un vulcano, ora spento; una sua terribile eruzione ha
distrutto il paesino e gli abitanti superstiti sono scappati sulla collina
vicina, dove si sono stabiliti dando al luogo il nome di Ardore, per ricordare
le fiamme che hanno distrutto il loro paese.
Nello
stemma comunale vi è, infatti, questa scritta: ”Ardor et Odor”. Nello stesso
stemma, su uno sfondo rosso, vi è disegnata un’aquila con le ali aperte e un
ramoscello d’ulivo nel becco; nella pancia, uno scudo con il monte Tre Pizzi in
fiamme, per ricordare proprio le origine del paese.
ORIGINE STORICA DI ARDORE
Passando dalla
leggenda alla storia, è difficile per gli studiosi stabilire l’epoca precisa
della sua origine.
Sicuramente,
Ardore era, in origine, un villaggio appartenente al casale di Gerace, e sulla
fondazione di Gerace gli storici sono discordi.
Si
hanno notizie certe solo degli abitatori di queste contrade al tempo degli
Enotri, che occupavano tutto il territorio da Squillace allo stretto di
Messina. Qualcuno scrive che questo territorio era abitato dai Siculi, come
testimoniato dal ritrovamento di reperti archeologici siciliani.
La
colonizzazione greca comincia intorno al VII/VIII secolo a.C., quando i locresi
costruirono la loro città sulla sinistra della fiumara di Portigliola.
Questa
città progredisce per lungo tempo.
Questa zona ha
dovuto sostenere molte guerre, che le hanno fatto perdere l’indipendenza e la
grandezza subendo l’invasione di molti popoli, da Pirro ai Normanni; nel X
secolo la città locrese viene devastata dalle incursioni dei saraceni, per
questo motivo tutti gli abitanti trovano riparo sulle colline dove nascono:
Gerace, Ardore e altri villaggi.
Il
paese dunque sarebbe sorto intorno all’anno 1000 e il suo popolo sarebbe di
origine italica e non greca.
Questo
territorio viene a subire l’invasione dei Turchi fino all’ultima venuta nel
XVII secolo.
Arriviamo
fino alla dominazione feudale di Ardore.
Il
primo principe di Ardore possedeva tanti privilegi su tutto il territorio.
Quando
Ardore si distaccò da Gerace (1546), iniziò la dominazione feudale e passò da
un marchesato all’altro fino al periodo in cui la baronia, comprendente S.Nicola, Ardore e
Bombile, passa al duca di Terranova. Ad un certo punto arrivano i baroni di
Melicucco, Pietro Gambacorta, che era un eremita, e dopo la sua morte arrivò
suo fratello Orazio che vendette le terre al marchese di S.Luca. L’ultimo duca
fu un tiranno e per questo venne assassinato nel 1682.
Nessuno
dopo di lui ebbe dimora stabile nel castello e, non essendoci stati degli eredi
figli, il ducato passò a dei cugini, fino ad arrivare a una nobile illustre
famiglia Milano.
TRADIZIONI
Esistono
varie leggende e fatti legati ad Ardore. Parleremo oggi di un fatto che risale
all’anno 1806, quando era stato sottoscritto un patto di neutralità tra
Napoleone Bonaparte e Ferdinando I di Borbone, che in quel momento governava il
Meridione d’Italia e, quindi, anche Ardore.
Tale
patto venne rotto da Borbone e perciò Napoleone mandò le sue truppe in Calabria per sottomettere
questa terra. Quando Giuseppe Bonaparte arrivò a Gerace, spedì una colonna militare con l’ordine di saccheggiare e
distruggere il paese col ferro e con il fuoco.
Appresa la
terribile notizia, i notabili si riunirono per prendere una decisione rapida:
l’arciprete, Giuseppe Cusaci, devoto Napoleonico, insieme al clero in paramenti
sacri e col Santissimo Ostensorio, si avviarono fuori dalla porta del Dongione,
verso la strada che porta alla marina. Le due colonne si incontrarono, il
generale Reyhier, francese, fece rendere onore al Santissimo e in seguito
chiese chi fosse il Santo che avevano al seguito. Saputo che era San Leonardo
di Limoges, si commosse in quanto suo
conterraneo e, riunita la truppa, tornò indietro e il paese fu salvo.
Il
popolo attribuì la clemenza del generale ad un prodigio del protettore San
Leonardo.
I
primi abitatori del territorio sono stati gli Enotri, più precisamente quella
sezione degli Itali che abitava la zona tra Squillace e S. Eufemia. La
colonizzazione greca incominciò nel secolo VII con i Locresi che si stanziarono
da Capo Zeffirio fino alla fiumara di Portigliola. Dopo i Locresi arrivò Pirro
e successivamente Annibale, i Bruzii e infine i Romani.
Dopo la
frantumazione dell’Impero Romano e l’arrivo dei Barbari, il nostro territorio
vide il fiorire dell’Arte Bizantina, Gotica e Normanna. Con l’arrivo dei
Musulmani e le loro incursioni che saccheggiarono e devastarono la città di
Locri ormai abbandonata, gli abitanti cercano scampo sulle colline adiacenti.
In quel periodo sorgono Gerace e Ardore. Ardore sorge intorno al 1000 da una
popolazione Italica-Bizantina. Negli anni successivi, questa terra subisce
varie volte l’assalto dei Turchi intorno al 1500 e avanti. Fu dominata anche da
Feudatari quali Domenico Milano, primo principe di Ardore; fino all’anno 1546
rimane legato allo stato di Gerace. Nel 1563 viene venduta la Baronia che
comprende Ardore, S. Nicola e Bombile ad un certo Duca De Marinis. Per una
serie di congetture le terre di questo feudo arrivano a Orazio Gambacorta, il
quale nasce ad Ardore nel 1629. A lui successe il figlio Carlo Saverio e
successivamente il figlio Orazio, che lascia il titolo di Barone e assume
quello di Duca. La tradizione afferma che dopo di lui, nessun feudatario ebbe
dimora stabile nel castello di Ardore; un proverbio recita: “L’ultimo ad
arrivare fu Gambacorta”.
LA LIBERTÀ
Sola speranza che mi reggi in terra,
solo conforto dello spirito mi,
solo pensiero che mi elevi a Dio,
pace e ristoro alla mia lunga guerra.
Quando a te penso il cuore si dissera
a pure gioie, ad ogni altro desio
e quando dormirò l’eterno oblio,
di te ricorderommi anche sotterra.
Cometa errante che col tuo splendore
abbelli la natura decaduta,
dimmi: Tu brillerai sul mio dolore?
Io non dispero della Tua venuta
e non rinnego al Tuo tardar, ma il cuore
s’attrista e piange ché Tua luce è muta. (Gaetano Ruffo)
POSIZIONE DEL TERRITORIO
Sull’altopiano di
una ridente collina, di fronte al mare Jonio, dal quale dista circa 5Km, sorge il
centro storico di Ardore, ad una altezza di 232m sul mare. Lo stesso consta di
un territorio a nord denominato San Nicola dei Canali, una popolosa frazione la
cui economia è essenzialmente agricola.
Scendendo verso il
mare vi è una frazione denominata Schiavo; ancora più a sud, lungo la costa che si affaccia sul
mare, sorge la frazione più popolosa del comune, denominata Marina di Ardore.
Guardando
il mare, a sinistra in una altura, sorge una piccola comunità della frazione di
Bombile, dove vi era un caratteristico Santuario dedicato alla Madonna della
Grotta, una statua del 1500 in marmo bianco, opera del Gagini. Il territorio
comunale confina a Est e Sud-Est con il
Mar Jonio; a Nord col torrente Condojanni,
che la divide dai territori di Sant’Ilario e di Ciminà; a Nord-Ovest con
una serie di alture dette Elambo,San Biase e Varraro, che le separano dai
territori di Careri e di Platì; a Sud-Ovest il torrente Pintammati la separa
dai territori di Bovalino e Benestare.
La
superficie del territorio è approssimativamente di 183678 Km2 con
6077 km2 negli anni 70.
Idrografia
Vi
sono due torrenti principali che segnano anche il confine con i territori:
Condojanni e Pintammati; tutte e due i
torrenti ricevono nelle loro acque quelli di altri piccoli torrenti che
scorrono dalle alture verso il mare. Altri torrentelli di poco conto solcano
il territorio: il “Tre Carlini”, che
scorrendo verso valle si unisce con alcuni affluenti prendendo il nome di “Ciamuti”, “Petito” e
“Uispico”.
Il clima
Il clima è molto
temperato, l’aria stupenda. In media, la temperatura minima è di 1/10°C e la
massima di 30°C, così i freddi
invernali e i calori estivi sono moderati. Miti si presentano la
primavera e l’autunno. In autunno si verificano abbondanti piogge che invece
scarseggiano in primavera; raramente si
verifica il fenomeno della neve. Nel corso della primavera, i venti soffiano di
ponente e qualche volta di greco, mentre in inverno è predominante quello di
tramontana, molto freddo e di breve durata.
La
parte collinare è costituita da rocce e sabbia calcarea, oltre a terreni
argillosi. Anticamente, vi erano miniere di nitro per la fabbricazione della
polvere per i cannoni.
Fauna e flora
La
fauna e la flora del nostro territorio sono prettamente simili a quelli di
tutta la regione Calabrese.
La
coltura principale è quella dell’ulivo, che cresce numerosa in tutto il
territorio collinare e pianeggiante. Scarsa è la coltivazione della vite;
rigogliosa cresce la quercia e numerosi sono gli agrumeti. Il territorio è
comunque ricco di coltivazioni varie: c’è la coltura dei fichi e di vari alberi
da frutta. Anticamente era coltivato il gelso perché favorito dalla mitezza del
clima.
La fertilità del
territorio fa si che la produzione di ottimi vini e olio siano i principali
prodotti della zona; la presenza del gelso anticamente ha favorito
l’allevamento del baco da seta che, a sua volta, permetteva la produzione della
seta e la conseguente lavorazione artigianale della stessa.
La
creatività delle donne ardoresi si esprimeva anche nella lavorazione di altri
filati come la canapa. Una lavorazione speciale veniva fatta anche ai fichi,
che, dopo essere lasciati essiccare al sole, venivano lavorati in modo
artigianale e servivano da cibo calorico e anche da dolce.
La fauna del
territorio è numerosa. Scarsa è la selvaggina anche a causa dei tanti
disboscamenti che si sono susseguiti. Non è difficile però trovare lepri,
volpi, marmotte, faine e puzzole. Tra i volatili: le pernici, le quaglie, le
beccacce, i merli, le gazze, le tortore, i colombi selvatici, i cardellini, gli
usignoli, le rondini, i pettirossi ecc. La pesca, in questo tratto di mare
Jonio, è molto scarsa; ci dà comunque il pesce azzurro, sarde e alici, merluzzi
e triglie. Tra i rettili nessuno è velenoso, come nessun animale feroce si
annida nel territorio. Molti sono gli insetti che si adattano al nostro clima:
i più utili sono le api e il baco da seta.
Il
territorio è diviso in tre parti: la pianura sul mare, la collina e i boschi in
altura. La parte pianeggiante è costituita da terreni composti da sabbia e
argilla. La regione in collina è composta in prevalenza da argilla e tufo.
Quella in altura è composta da terreno fertile adatto alle coltivazioni di
frumento e patate.
Le
piante crescono lussureggianti e numerosissime, oltre ad essere varie: il
mirto, l’oleandro, l’alloro, il fico d’India, la palma, la vite, il pino, il
mandorlo, l’eucaliptos, la canapa e il lino.
Esistono
moltissime piante medicinali come la liquirizia, la malva, la camomilla, la
salvia ecc…
Riti religiosi
I riti della
settimana Santa sono particolarmente intensi e importanti, tanto da aggregare
le comunità di fedeli in vari momenti.
La settimana Santa
si apre con la cerimonia della benedizione delle palme, che evoca l’ingresso
trionfale di Gesù in Gerusalemme; le
palme, precedentemente intrecciate e abilmente lavorate, formano magnificamente
“conocchie” tra ramoscelli d’ulivo, simbolo religioso di pace, portate in
processione accompagnata da canti, per essere benedetti in chiesa. C’è da
ricordare che nel nostro paese le palme benedette vengono custodite nelle case,
a protezione della famiglia, fino
alla prossima Pasqua, quando vengono
sostituite da quelle nuove; il Triduo Pasquale è il momento culmine della Pasqua.
Il Giovedì Santo, nella funzione che vuole ricordare l’ultima Cena, si rinnova
il rito della lavanda dei piedi. Il Venerdì Santo inizia con la tradizionale
Via Crucis all’ alba ,che vuole ripercorrere il viaggio del dolore fatto da
Gesù. Durante tutta la giornata i fedeli visitano le chiese, dove vengono
allestiti i sepolcri. La sera, dopo la funzione del bacio della croce, si porta
in processione il Cristo morto, una tradizione molto antica e sentita da tutta
la comunità che, in processione silenziosa, attraversa il paese nel silenzio
con una sola torcia. Il Sabato è un giorno di riflessione fino alla veglia
Pasquale, che inizia alle ore 23:00; dopo la benedizione del fuoco e dell’acqua,
al rintocco delle campane e al canto del Gloria, si assiste alla resurrezione
del Cristo vittorioso, che commuove la comunità dei fedeli. Il giorno di Pasqua
è caratterizzato da uno spirito festoso che culmina dopo la Messa, nella
caratteristica “ affrontata” che consiste nell’incontro del Cristo Risorto con
la madre che, alla vista del figlio, si toglie il manto nero e gli va incontro,
procedendo il cammino con gioia.
LA
CULTURA CONTADINA NEI PROVERBI
Gennaio
Jenaru siccu, massaru riccu
(Gennaio
secco, massaio ricco)
L’anno
inizia con Gennaio un mese molto freddo e avvolte porta la neve non solo in
montagna ma anche sulle nostre strade di marina, questo è un buon segno, perché
se il mese di Gennaio è secco si dice che il massaio si arricchisce.
Febbraio
Frevaru,curtu e amaru scorcia i
vecchi o focularu
(Febbraio,
corto e freddo scotta i vecchi al focolare)
Febbraio
è un mese molto freddo e i poveri vecchi anche se sono al focolare sentono il
freddo e si scottano.
Marzo
A Marzo ogni stroffa è jazzu
(A
Marzo ogni lentisco è ricovero)
Marzo
porta la primavera e gli animali non tornano nella tana ma si mettono a riparo
ovunque nelle siepi e le giornate iniziano ad essere più calde.
Aprile
Si chiovi ad Aprili ogni goccia esti
nu barili
(Se
piove ad Aprile ogni goccia vale quanto una botte)
Ad
Aprile siamo già in primavera e la pioggerellina fine fine viene apprezzata
perché il seminato sta per nascere e le vigne per germogliare.
Maggio
Majiu ortulano assai paglia e pocu
ranu
(Maggio
piovoso molto paglia e poco grano)
Maggio
è un mese di ortaggi, è il mese dei fiori e si produce molta paglia e poco
grano.
Giugno
Simina quando voi, ca a Giugnu meti
(semina
quando vuoi che a Giugno mieti)
Giugno
è un mese molto caldo ed è anche il mese della mietitura; infatti il proverbio
ci dice che si può seminare quando si vuole che a Giugno si miete.
Luglio
A Luglietto cacciati ‘ u corpettu e
jetta i panni du lettu
(A
Luglio togliti il corpetto e leva le coperte dal letto)
Luglio
è un mese caldo e tutti indossano abiti leggeri togliendo dal letto le coperte
pesanti.
Agosto
Quandu chjovi ad Agustu ogghju, meli
e mustu.
(in
Agosto quando piove vi è in abbondanza olio, miele e mosto)
Nel
mese di agosto siamo già in piena estate, ma se piove si ottengono buoni
prodotti olio, miele e mosto.
Settembre
Settembre, è begliu u suli e
ventaregliu
(Settembre,
è bello il sole il venticello)
Settembre
è un mese in cui è piacevole sia la brezza che il sole; infatti è un mese che
fa da ponte l’estate e l’autunno.
Ottobre
Ottobri chjovusu , campu fruttusu.
(Ottobre
piovoso e campo fruttoso)
Ottobre
con le sue piogge è utile ai campi che renderanno raccolti fruttuosi.
Novembre
A Santu Martinu ogni mustu esti vinu.
(a
San Martino ogni mosto è vino)
A
Novembre c’è un periodo allietato da belle giornate ; si dice che siano mandate
da questo Santo.
Dicembre
Dicembri mbacuccatu , raccoltu
assicuratu
(Dicembre
freddo,raccolto assicurato)
Dicembre
essendo un mese freddo , permette ai semi messi nel terreno di crescere e di
poter così germogliare
LE NOZZE DI IERI
A noi ragazzi è piaciuto
molto raccogliere dagli anziani
informazioni su come venivano celebrate
le nozze un tempo, specialmente fra i contadini:
La cerimonia, si svolgeva in modo solenne e in
allegria. Le donne sposate erano vestite sfarzosamente, per lo più con il loro
abito da sposa. Al matrimonio partecipavano parenti, vicini di casa e con
comuni vestiti di festa . Con gioia, i novelli sposi venivano accompagnati in
chiesa dove un sacerdote li univa in matrimonio. Una volta finita la cerimonia,
gli sposi andavano per le vie del paese e venivano accolti da parenti e amici con
gioia e facendo loro una grande festa. Gli amici e i parenti più stretti, al
loro passaggio gettavano confetti mescolati
a petali di fiori finti, soprattutto di rose e tante monetine. Durante
questo gesto, i bambini presenti facevano a gare per raccogliere i confetti e i
soldini e tutto era una gran festa. Se gli sposi passavano nelle vie dove
abitavano gli amici più stretti, questi
appendevano degli archi e delle strisce colorate. Dopo il tragitto si
giungeva alla casa dello sposo, dove si teneva un gran banchetto, si suonava,
si ballava e si cantava fino a tardi. Durante i festeggiamenti le ragazze cantavano dolci canzoni per quel
felice avvenimento. A tal proposito ve ne presentiamo uno che esprime tanta
gioia e letizia:
Auguri per le nozze.
I stiji chi stiji
sunnu jungiuti (Le stelle con le stelle si sono unite)
U suli ca luna s’acchucchiaru (Il sole e la luna si sono sposati)
Si
sposaru dui belli ziti (Si sono sposati
due bei fidanzati) A
rosa russa e u gigliu in perzuna (La rosa e il giglio in persona)
A zita ndavi i megliu bellizzi (La fidanzata ha le migliori bellezze)
U zitu ndavi nu modu aggrazziatu (Il
fidanzato ha un modo aggraziato)
U Signuri i vi manda chigliu chi voliti (Che il Signore vi mandi quello che volete)
Fijji, ricchizzi e
grazi in quantità ( Vi auguro tanti
figli)
IL NONNO RACCONTA:
Spinti dalla curiosità e dalla grande voglia di sapere quali erano le condizioni di lavoro dei
nostri nonni e dei nostri antenati, abbiamo intervistato alcuni nostri anziani.
Uno di loro ci ha raccontato che, anche lui da giovane lavorava come
“Jornataru” cioè giornaliero nella terra dei pochi latifondisti di quel tempo: “I nguri”. Non
era il solo poiché come lui stesso ci ha
raccontato, c’erano tanti altri compaesani
che svolgevano lo stesso lavoro. La giornata lavorativa era lunga e
faticosa, iniziavano all’ alba e
finivano al tramonto al calar del
sole, “I suli a suli”. Non c’ era
sosta nel intervallo
per potersi
riposare un poco.
Solo all’ ora di pranzo, seduti all’ ombra
di un albero o di una siepe,
mettevano in bocca solo qualche tozzo di
pane raffermo, qualche fico secco o
qualche castagna. Altri invece avevano la possibilità di mangiare anche del pane con olive e pomodoro e
qualche pezzetto di carne salata, il tutto veniva accompagnato
da un boccale di acqua fresca ,
contenuta nella così detta “ bonbonella”,un recipiente di terra cotta, o di un sorso di
vino. Questi lavoratori a giornate non venivano retribuiti adeguatamente, e riuscivano per questo appena
appena ad assicurarsi la sopravvivenza per un solo giorno: “U jornataru na jornata
cacciaru faru”. Raramente riuscivano a migliorare la loro condizione economica. Questo
avveniva solo in alcuni casi come
se, venivano assunti all’ interno
del podere come piccoli coloni
solo così potevano avere qualche manciata
di cibo in più. A tale proposito il nostro saggio nonnino ci ha recitato un canto
popolare, pieno di amarezza e sofferenza
per il duro lavoro. Questo
canto, noi ragazzi lo abbiamo
voluto proporre trascrivendolo cosi come veniva cantato:
“u
zzappaturi sempi zzappa, zzappa
E
sordi ‘nat la pezza non di ngruppa
La
sira si racogghji trampa trampa
si
caccia li stivali e vai i si curca.”
La condizione dei nostri
nonni era dunque di essere sfruttati dai
loro padroni, poiché questi non gli
davano la giusta paga , ma erano anche rassegnati perché non avevano il
coraggio di ribellarsi per paura di perdere il lavoro. Un'altra cosa
bella che ci ha raccontato questa
persona è il pensiero mattutino del “ Jornataru":
“canta ‘u goghju
e jhiacca l’ alba
sugniu arzzatu, ma ancora e scuru
guardu
‘u tempu e partu i prescia
c’a sinno’ perdu u lavuru”.
DOLCI
NATALIZI CALABRESI
Tra i dolci di Natale
calabresi troviamo i Mustaccioli calabresi il Dolce albero di Natale , la
Stella di Natale, il croquembouche di
Natale e gli alberi di Natale brownies
MUSTACCIOLI
CALABRESI
I Mustaccioli
sono croccanti biscotti di origine calabrese impastati con farina e
miele, dalla caratteristica consistente dura e compatta.
IL
DOLCE ALBERO DI NATALE
Il dolce albero di Natale è una splendida torta delle feste il cui impasto contiene,
mandorle, nocciole e nessuna farina ma pangrattato.
LA
STELLA DI NATALE
La Stella di Natale
è una torta soffice pan di Spagna farcito con una deliziosa crema
all’arancia e ricoperta con una glassa colorata .
CROQUEMBOUCHE
DI NATALE
Il croquembouche è un dolce tipicamente francese
:un’idea alternativa per le feste
Natalizie! Una terra di bignè
ALBERI DI NATALE BROWNIS
Gli alberi di Natale brownis sono di deliziosi dessert
monoporzionali di grande effetto: stupiranno i vostri ospiti sulla tavola imbandita
PER
SAPERNE DI PIU’
…Ecco
a voi la ricetta di nonna Rosa
GLI
INGREDIENTI PER REALIZZARLE
500kg di farina
200ml di latte
50ml di olio di oliva
1 cucchiaio di zucchero
1 pizzico di sale qb.
1 uovo
1cubbetto di lievito di
birra
PROCEDIMENTO
Sciogliere
il lievito di birra nel latte tiepido con un 1 in cucchiaio di zucchero e
lasciare riposare 10 minuti. A parte versare la farina, fare la fontanella e
aggiungere pian piano tutti gli ingredienti compreso il lievito sciolto nel
latte. Impastare il tutto e lasciar riposare per 15 minuti l’impasto coperto da
un canovaccio. Trascorso il tempo lavorare l’impasto formando delle ciambelline
che andranno a riposare con un vassoio coperto da un canovaccio per un’ ora
circa. A questo punto friggere le ciambelline passarle nello zucchero smaltato.
TRADIZIONI POPOLARI SUL NATALE
Anticamente, nel territorio ardorese venivano preparati vari dolci, soprattutto in
occasione delle feste natalizie. Molto tempo fa venivano preparate delle
frittelle addolcite col miele, che erano la delizia dei più piccoli.
Una
tradizione ancora viva, prima nelle famiglie benestanti, oggi in tutte le case,
è la preparazione di dolciumi con farina, zucchero, sugna e frutti e ancora addolciti
col miele, che si chiamano “pignolata” o “cicerata”.
Molto gustose sono le “sammartine”, ripiene
di uva passa, mandorle, noci e vari aromi.
Fa parte della
tradizione una specialità preparata con fichi secchi imbottiti di mandorle o
noci, poi aromatizzate e cotte al forno, che, sistemate a forma di croci,
vengono chiamate “crucetti”.
Un altro dolce tipicamente natalizio
sono le caratteristiche “nacatuli”, anch’esse fritte, e le crespelle dolci.
Tipiche della
tradizione di Natale sono anche le zeppole con le sarde, il cui profumo
inondava le vie del paese sin dalla mattina perché le famiglie si preparavano a
ricevere gli auguri dalla serenata con un bicchiere di vino e due zeppole
calde.
Un'altra
tradizione natalizia della vigilia era la preparazione del cenone di Natale, che
era molto ricco: stocco, baccalà, broccoli, alici... vino e dolci tradizionali.
Era obbligatorio
mangiare tredici pietanze.
Una
tradizione legata al Natale erano i giochi con le nocciole: questo gioco
iniziava dal periodo della festa dell’Immacolata, che apriva ufficialmente le
feste natalizie. A questo proposito, vogliamo ricordare un proverbio dialettale
legato proprio al Natale: “u sei è di Nicola, l’ottu è di Maria, u tridici di
Lucia e u vinticincu du veru Misia”
I
PRODOTTI TIPICI DI ARDORE
Il nostro paese vanta
antiche usanze che lo portano ad essere amato, visitato, nell’arco di tutto
l’anno da tantissima gente. Non a caso molti nostri concittadini, che oggi si
trovano a vivere in altre città d’ Italia o all’ Estero conservano nel loro cuore dei ricordi che li tiene legati a
questa “nostra terra”. Ricordi, fatti di tradizioni, cultura, usi e costumi.
Tra le molte tradizioni, vi è una in particolare molto bella legata alla tipica
cucina calabrese fatta di ingredienti semplici e saporiti, che vantano una grande e forte saggezza popolare.
Ingredienti quali: il peperoncino dolce o piccante utilizzato in molte pietanze
e nella conservazione della carne di maiale e cinghiale, l’origano selvatico
che accompagna in modo eccellente una buona e gustosa insalata di pomodori
freschi e invernali, il rosmarino, la menta, la salvia e altri odori che vanno ad insaporire
soprattutto i secondi piatti a base di carne e di pesce.
La nostra terra però
vanta anche una ricca tradizione pasticciera fatta di: crespelle (nocatole),
San Martine, grandi ravioli di ricotta e cioccolato (jaluna), le gute, la
pignolata (cicerata) e tanti altri ancora; questi vengono realizzati
soprattutto durante le festività:
Natale, Pasqua, Nozze e via dicendo. Ed è per questo che noi ragazzi, vista la
bontà e la ricchezza dei nostri prodotti abbiamo deciso di ricordarne alcuni
con l’ intento di non solo farli conoscere a voi tutti ma anche amare e gustare
queste nostre specialità.
·
Le peschine; ricottine; jianuli (dolci a
base di ricotta); zippuli; crespelle; zippularia chi micciunati; zippularia;
capocollo; n’ duia; bocca notti.
Le verdure tipiche sono:
Liquirizia
di Calabria DOP; funghi di giffone; broccoli di rapa; asparago selvatico della
calabria; misi ( verdura, funghi e spezie); finocchietto selvatico di Calabria
e i peperoncini piccanti calabresi.
Le perle calabresi:
Il bergamotto; il cedro;
la cipolla rossa di Tropea; le clementine di calabria; il limone “sfusato” di
Favazzina; la liquirizia e il peperoncino.
Approfondiamone alcuni:
Il bergamotto
Le origini del bergamotto
sono avvolte nel mistero. È certo, però che questo frutto ha il suo
terreno migliore anzi l’ unico, nella provincia di Reggio Calabria, tanto che
il bergamotto, citrus bergamia, coltivato tra Villa San Giovanni e Monasterace,
nel 1999 si è guadagnato il marchio DOP ( Denominazione di origine protetta).
Il
cedro
Di
remota origine asiatica, come quasi tutti gli agrumi, ma giunto in Europa già
in tempi antichissimi, il cedro si coltiva in Calabria sin dal III secolo a.C.
grazie alle popolazioni Ebraiche che qui fondarono le colonie.
I
Latini ritenevano che il cedro crescesse qui
per motivi naturali e climatici. Anche oggi il cedro viene usato molto
spesso.
La
cipolla rossa di Tropea
La cipolla rossa ( allium
cepa, “ il bulbo ardente”) trova il suo
habitat migliore in Calabria, nella zona compresa tra Capo Vaticano e Tropea. Probabilmente originaria dei monti della Turchia e dell’ Iran, circa
duemila anni fa è stata introdotta nella nostra regione dai Fenici.
RAVIOLI RIPIENI
Ripieno
Ricotta di pecora 400 g
1Zucchero
a velo 100 g scorza d’arancia
1
tuorlo
1
baccello di vaniglia
Cannella
in polvere ½
1
cucchiaino di ( gocce di cioccolato fondente ) 100g
Scorza
di limone 100g
Ammorbidire
il burro metterlo
|
Farina 00 ( 500 g )
Zucchero 100 g
Burro 100 g
1 tuorlo
1 baccello di vaniglia
1 pizzico di sale
Latte intero ( 200 g )
Per friggere: olio di girasole
Procedimento:
In una ciotola unire la farina, lo zucchero e un pizzico di
sale ed amalgamare il tutto aiutandosi con le mani.
In un’altra ciotola, sbattere il
tuorlo dell’ uovo con il latte e versarlo poco a poco, nella ciotola con lo
zucchero, farina e burro. Impastare fin quando non si sarà ottenuto un composto
liscio ed elastico e lasciare riposare l’impasto avvolto in una pellicola
trasparente per un ora in frigorifero.
Nel frattempo preparare il ripieno:
unire la ricotta, 10g di zucchero a velo, il cioccolato a scaglie, il tuorlo
dell’uovo tenendo da parte l’albume per poi montarlo a neve. Stendere il
panetto a sfoglia sottile e tagliare dei quadrati e al centro mettere una noce
di ripieno. Sigillare bene i bordi con i rebbi di una forchetta e friggere in
olio caldo fino a doratura. Togliere i ravioli e lasciarli raffreddare su un
foglio di carta assorbente. Una volta raffreddati, spolverare lo zucchero a
velo.
CARCIOFI
RIPIENI AL SUGO
Si
prendono i carciofi, si puliscono togliendo le foglie due esterne, si lavano al
centro e si mettono a bagno in acqua e limone per far si che non diventino
neri. In una ciotola mescolare insieme per grattare il formaggio e aglio e pane.
Prendere i carciofi e asciugarli su un canovaccio. A questo punto si riempiono
i carciofi con il composto in precedenza, una volta finito di riempire i
carciofi si sbattono delle uova con del sale e pepe.
NOI E IL NOSTRO TERRITORIO
I
giochi di strada antichi come l’ uomo.
I
bambini di ogni tempo e cultura hanno giocato all’ aperto. Ma è curioso scoprire come alcuni dei giochi
praticati per la strada, come la “settimana”, le “biglie” oppure la “trottola” siano
davvero universali, sono infatti giocati dai bambini di tutto mondo da secoli.
La “settimana”…
Ho
provato a chiedere ai miei nonni se hanno mai giocato al gioco della settimana,
quando erano bambini.
E
bene ! Mi hanno detto che questo era un gioco che loro facevano molto spesso,
insieme ai loro compagni. Giocavano in piazza o lungo le strade, dove c’era un
po’ di spazio per poterlo fare, il nonno inoltre mi ha spiegato le regole di come
veniva giocato.
La regola.
Si
gioca più o meno così:
Si
traccia uno schema per terra con un certo numero di caselle. Dopo aver tirato
un sasso in una di queste, si salta su un piede solo percorrendole tutte. Non si devono pestare le
righe, né con il piede, né lanciando il sasso. Molti di voi forse lo conoscono
con il nome di “campana” o “ gioco del mondo”.
Ma
chi di voi sa che questo gioco è talmente antico che nessuno è riuscito a
scoprire dove e da chi sia stato inventato?
Uno
dei più antichi disegni della settimana risale all’epoca di Roma. È tracciato
sul suolo del foro romano. Durante l’espansione dell’impero, le legioni
costruivano strade selciate che collegavano le principali colonie.
Queste
superfici erano ideali per giocare alla settimana, gioco che i soldati romani
insegnarono ai ragazzi della Francia, della Germania, e della Gran Bretagna. Ma
è molto diffuso anche nel resto del mondo, dall’Europa agli Stati Uniti, alla
Russia, alla Cina, e in tanti altri Paesi del mondo. È pure vero che i nomi e
le varianti con cui questo gioco è conosciuto sono innumerevoli.
Il
salto della corda
Probabilmente,
tutto cominciò con le gare di salto dei
torrenti o dei sassi, giochi che da sempre i bambini di tutto il mondo
continuano a fare. Poi man mano nel corso del tempo, ci si servì di un
materiale filtrante, come una liana; questo perché era necessario creare una
semplice corda o fune per poter saltare. Ma se facciamo, ancora, un salto nel
tempo possiamo scoprire che nel XIX, secondo l’ autore di un libro sui giochi inglesi
si ricorda che nella stagione del luppolo si prendeva un gambo di questa
pianta, che privandola di foglie diventava un’ ottima corda per saltare.
Il gioco delle biglie
Si
tratta di piccole sfere, di diametro di circa due centimetri, in terracotta o
in pietra.
Quelle
in pietra potevano essere ricavate levigando piccoli ciottoli di fiume. E
proprio i sassi di fiume probabilmente furono le prime biglie. Ma si giocava
anche con i noccioli di alcuni frutti come le pesche oppure con le noci e con
le nocciole. Col passare del tempo, le biglie furono confezionate con altri
materiali, come la terracotta e il vetro e, più recentemente, con l’ acciaio.
Curiosita’
I
bambini inglesi distinguono le biglie a seconda delle diverse varietà: ce ne
sono di meno pregiate dette COMMONEYS , che sono le biglie comuni e di più
preziose , come le ALLEYS, biglie di alabastro.
Tra
queste ultime, le più quotate sono quelle dette “ di sangue”, cioè di un bianco
purissimo venato di rosso.
In
inglese le biglie si chiamano MARBLES, termine che probabilmente indica il
materiale con cui venivano confezionate originariamente, il marmo. Le biglie
non sono mai state appannaggio esclusivo dei ragazzi.
Se
facciamo un salto nel tempo, possiamo scoprire che vi è un incisione del XVII
secolo che ritrae degli aristocratici francesi che si divertivano a giocare al
Ponate, cioè a far passare le biglie attraverso alcune porte.
Le trottole
Si
gioca arrotolando uno spago intorno alla parte superiore della trottola e tirando
un colpo secco. Devi sapere però che
esistono anche le trottole a manico lungo, che vengono messe in moto facendo
girare rapidamente il manico tra i palmi delle mani.
Nell’antichità
i Romani giocavano a TURBO ( che è il nome latino della trottola ). Per poter
giocare a questo gioco, si disegnava per terra un grande cerchio diviso in
dieci settori numerati. A ogni settore corrispondeva un punteggio, era
necessario far roteare la trottola posizionandola sul centro.
I
giocatori guadagnavano punti a seconda del settore cui la trottola si fermava.
Un salto nel
passato – Trottole nel mondo
Ma
se facciamo un salto in estremo oriente, notiamo che si trovano trottole di
ogni tipo e dimensione e in Giappone, devi sapere, che esiste una fiorente
tradizione artigianale per la loro fabbricazione.
Nel
Borneo e in Nuova Guinea infine gli indigeni fanno girare le trottole dopo la
semina: è un rito destinato a stimolare la crescita dei germogli.
I GIOCHI
TRADIZIONALI DI UN TEMPO
NELLA TRADIZIONE CALABRESE
Alcuni di essi erano:
·
“U battimuru”, che consisteva nel lanciare
una monetina contro il muro e chi la faceva cadere il più vicino alla base
sarebbe stato il vincitore.
·
“U cucuzzaru” ogni giocatore chiamato
“cucuzza” veniva numerato, il gioco terminava quando restava un solo partecipante.
Le eliminazioni avvenivano quando a rispondere al comando era la ”cucuzza”
sbagliata.
·
“Murettu”,
gioco che fa ancora oggi parte del “calcio di strada”, si doveva colpire il
muro con il pallone e tirare di testa prima che il pallone toccasse terra.
·
“Mucciatejja”, che sarebbe l’ attuale
nascondino.
·
“U iocu da campana”, che consisteva nel
saltare in caselle numerate
·
“Bussaporte”, è una specie di gioco che
consisteva nel bussare alle porte e scappare prima che gli altri aprissero,
molto spesso però questo gioco finiva male perché i proprietari delle case si
arrabbiavano e i ragazzi venivano rimproverati o rincorsi.
·
“Mazza i Giacoffi”, consisteva nel far
alzare un legno con un bastoncino e mentre era in aria, colpirlo al volo.
In
quegli anni questi giochi erano molto importanti e facevano divertire le
passate generazioni. Da questa ricerca ho capito che non sempre bisogna avere
tutti i comfort ma ci si può divertire anche con poco, è sufficiente un
bastoncino per svolgere un gioco o ancor più, avere un muretto sul quale appoggiarsi per
inventarne di nuovi. È stato bello per me fare un salto nel passato e poter
ricostruire quel mondo gioioso fatto di balocchi e piccoli oggetti con i quali
i nostri genitori e i nostri nonni trascorrevano il loro tempo libero.
IL
GIOCO DELLE BIGLIE
Da secoli si tirano le biglie nel
mondo intero e questo gioco , già conosciuto nell’antico Egitto e nella Roma
prècristiana era popolarissimo nel medioevo. Durante alcuni scavi archeologici
effettuati a Siena, Roma e Pistoia, sono venuti alla luce alcuni esemplari di
biglie risalenti ai secoli XIV XV.
Si tratta di piccole sfere del
diametro di circa 2 cm in terracotta o in pietra. Quelle in pietra potevano
essere ricavate levigando piccoli ciottoli di fiumi e proprio i sassi di fiume
probabilmente furono le prime biglie, ma si giocava anche con i noccioli di
alcuni frutti come le pesche, oppure con le noci e le nocciole. Col passare del
tempo le biglie furono confezionate con altri materiali come la terracotta e il
vetro e più recentemente con l’acciaio.
LE
TROTTOLE
La
trottola è un gioco,le cui origini risalgono a più di duemila anni fa, dato che
il politico romano Catone lo consigliava ai genitori come passatempo per
bambini; questo gioco, sosteneva di essere preferibile a quello dei dadi. Si
gioca arrotolando uno spago intorno alla parte superiore della trottola e
tirandolo con un colpo secco. Devi sapere però che esistono anche le trottole a
manico lungo, che vengono messe in moto facendo girare rapidamente il manico
tra le palme delle mani. Nell’antichità i Romani giocavano al TURBO (che è il
nome latino delle trottole).
Per poter giocare a
questo gioco,si disegnava per terra un grande cerchio diviso in dieci settori
numerati. A ogni settore corrispondeva in punteggio, era necessario far roteare
la trottola posizionandola sul centro. I giocatori guadagnavano punti a seconda
del settore in cui la trottola si fermava.
Congratulazioni a docente e agli studenti per questo meraviglioso progetto 🏆👏👏
RispondiEliminaM Raschellá
Era ora prof! Non vedevamo l'ora di vedere pubblicati i nostri lavoretti 🎉🎉🎉
RispondiEliminaHei cumpà..mi hai battuto. Stavo scrivendo la stessa cosa ehehe
EliminaMiticoooo !!!
RispondiEliminaProf Nastasi sei riuscita a farci pensare alla scuola anche ora che é finita.
EliminaMitica sei tu.